Mutualismo dalla quarantena (Covid19 cronache di resistenza n. 4)

Mutualismo dalla quarantena

E’ attivo dal 18 marzo il telefono messo in piedi dall’associazione Idee in circolo di Modena, fondata nel 2011 da “un gruppo di cittadini che accedono ai servizi di salute mentale”, com’è scritto nel sito, ma che detestano essere chiamati “utenti”, come dice Alessia Casoli, la presidente, che ha conosciuto i servizi di salute mentale nel 2004, quando era tornata dall’Inghilterra dopo otto anni in cui si era laureata in letteratura inglese e aveva lavorato per un’azione di appalti. Idee in circolo ha fatto molte cose quando è nata: “laboratori ludico-culturali” per bambini dai sei agli undici anni, “Play in English”, un laboratorio in inglese per bambini e ragazzi, corsi di avviamento alla musica, di psicomotricità, di skateboard e hip-hop, in un intreccio con altre associazioni della città e sotto l’ombrello dell’Arci.

Non mancano diversi gruppi di auto-mutuo aiuto, che qui sono programmaticamente “aperti a chiunque voglia farne parte”. Il telefono è giusto l’ultima creatura, nata “per stare insieme a distanza, per resistere insieme” dice il volantino che pubblicizza i tre numeri di telefono. Chiamano una decina di persone al giorno ma le telefonate sono molte di più: “c’è ad esempio una signora di una sessantina d’anni, già seguita dal centro di salute mentale che ha perduto il marito da una settimana e che ci chiama due tre volte al giorno” ma non chiamano solo utenti (non riusciamo a fare a meno di questa parola nella conversazione con Alessia), chiamano anche persone che non hanno mai avuto rapporto con i servizi di salute mentale ma che in questo periodo sono più sole del normale, a volte hanno necessità di aiuto per qualche incombenza o di informazioni ma poi si capisce che in realtà hanno bisogno di parlare.

“C’è ad esempio una signora sulla sessantina che si curava molto e aveva una vita molto attiva, tutto il giorno fuori per fare una cosa o l’altra, ora è dura per lei stare chiusa in casa, chiama gli amici ma dice che la evitano e così ci telefona spesso, forse con la solitudine ha meno dimestichezza di chi vive l’esperienza della sofferenza mentale”. Alessia è convinta che in questa situazione di sofferenza collettiva “chi la sofferenza la conosce come noi può avere certo bisogno di aiuto ma può anche dare indietro qualcosa”. Alessia, ma si capisce che parla non solo per sé, crede molto in questo circuito del ricevere e restituire, della “mutualità”. Il progetto del telefono hanno voluto chiamarlo infatti Mutualismo dalla quarantena e il principale riferimento di questo nome non sono i gruppi auto mutuo aiuto che in diversa forma si trovano in gran parte dei servizi di salute mentale ma una storia lontana nel tempo e anche vicinissima, la storia affascinante della mutualità, nata nell’Ottocento dal movimento operaio. Ma Alessia e il gruppo di Idee in circolo hanno incontrato quella storia nella sua rinascita recente, “quando cominciavamo a lavorare sul nostro spazio, a progettare come viverlo, e abbiamo organizzato una serie di assemblee con diverse esperienze di varie città.

Da Napoli è arrivata una ragazza di cui non ricordo il nome che ha presentato l’occupazione dell’ex Ospedale psichiatrico giudiziario. Abbiamo seguito le loro tracce e per saperne di più l’anno scorso, con altre associazioni, abbiamo invitato Salvatore Prinzi a presentare il libro Il manuale del mutualismo scritto dagli attivisti e dalle attiviste dell’Ex OPG Occupato Je so’pazzo. Penso che la loro esperienza debba orientare il nostro lavoro: il collettivo ha saputo trasformare l’ex ospedale psichiatrico giudiziario in un luogo vivo, dove si può trovare assistenza medica, aiuto per lo studio, una palestra di arrampicata, un teatro, assistenza legale ed altre attività, libere e accessibili a tutti”.

Alessia parla con passione di questa pratica del mutualismo “con cui possiamo dimostrare di essere capaci di fare, di dare indietro qualcosa” particolarmente in questo periodo, e racconta di un grande attivismo non solo suo personale e della associazione ma di tutto un mondo di associazioni e gruppi che in parte stanno fisicamente vicini alla sede di Idee in circolo ma che, al di là della vicinanza fisica, sono comunque parte di una specie di anello fluido, composito, variabile che sta tra i servizi veri e propri del Dipartimento di salute mentale di Modena e la società, ormai spesso società di individui e di piccole famiglie. A questo mondo di associazioni e di gruppi fa riferimento lo sportello Social Point, “servizio di inclusione sociale del DSM-Dp di Modena” che sostiene, tra l’altro, Radio LiberaMente a cui Alessia collabora e che in queste settimane ha aperto i microfoni a tutti che possono intervenire direttamente o registrare e inviare alla radio. “Abbiamo letto le fiabe di Rodari l’altro giorno, e abbiamo ricevuto diversi contributi registrati da genitori e bambini insieme” racconta Alessia, entusiasta della partecipazione di queste settimane ma preoccupata, come tutti noi del resto: “se questa emergenza dura troppo non so se riusciremo a mantenere la coesione di adesso”. “Gli operatori servizi di salute mentale sono molto presenti, accoglienti, a volte tempo mi preoccupo per la loro salute, c’è sempre qualche problema da rincorrere ma finora mi è sembrato che anche noi utenti stiamo riuscendo a fare la nostra parte”.

Maria G. Giannichedda

https://associazioneideeincircolo.wordpress.com

www.socialpointmodena.it

#mutualismo dalla quarantena

#assieme per resistere

tel. 3245355987; 3271132269; 34562833360

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