Isolamento sociale e salute. di Letizia Fattorini

I vari aspetti dell’isolamento sociale: da misura repressiva e afflittiva a strumento di controllo delle malattie infettive. La pandemia ne ha messo in luce tutte le conseguenze sulla salute, in particolare delle fasce più vulnerabili della popolazione.

L’essere umano ha la necessità di rapportarsi continuamente e in tutte le fasi della sua vita con i propri simili; ciò gli consente di crescere e mantenersi in armonia con il mondo che lo circonda. In questi ultimi due anni abbiamo avuto modo di osservare le conseguenze a cui una “solitudine forzata” possa condurre: il termine “distanziamento sociale” – utilizzato ampiamente dalle istituzioni nel consigliare il mantenimento di una “distanza fisica di sicurezza” tra individui al fine di contenere il dilagarsi di una malattia infettiva a diffusione mondiale – si è rivelato ben presto in tutta la sua essenza, portando ad interruzioni delle relazioni scolastiche e lavorative, quindi amicali ed infine anche familiari. Una distanza sociale che, anche per chi non era ammalato, è diventata un vero e proprio “isolamento”.

Come attestano numerose ricerche, l’isolamento può avere effetti molto nocivi sulla salute fisica (i livelli di stress elevati riscontrati nei detenuti posti in isolamento si associano spesso a patologie cardiache) e, soprattutto, mentale: insonnia, ansia fino al panico, letargia e depressione oppure aggressività e perdita di controllo, ruminazione, paranoia, allucinazioni. L’esperienza dell’isolamento può portare il detenuto a perdere la capacità di interagire con gli altri esseri umani, diventando sociofobico: situazione all’opposto di ciò che i sistemi carcerari formalmente perseguono, cioè la “risocializzazione del reo” (1). Un detenuto può arrivare a gesti estremi, come l’automutilazione o addirittura al comportamento suicidario. Il dossier sui suicidi in carcere nel 2022, redatto dall’associazione Antigone (2), denota un incremento impressionante di casi: già ad agosto le persone che si sono tolte la vita in carcere erano 59, superando così, a due terzi dell’anno, il totale dei decessi dell’anno precedente, ovvero 57. Sembra che almeno 18 dei 59 detenuti deceduti soffrissero di patologie psichiatriche. Vero è che, come denuncia da tempo il personale penitenziario, la presenza in carcere di persone con disagi psichici è molto alta, e le risorse a disposizione per prenderle adeguatamente in carico è insufficiente. L’isolamento può essere un evento che slatentizza o esacerba disagi mentali; nel rapporto “Ecco perché l’isolamento fa male” (3) sono documentati una serie di suicidi in cella di isolamento avvenuti tra il 2004 e il 2016: da tale relazione emerge che l’età anagrafica dei reclusi che si sono tolti la vita è varia (dai 22 ai 50 anni di età), e ci sono stati casi verificatisi sia all’inizio che alla fine della pena detentiva.

D’altronde, l’isolamento è una misura fondamentale per contenere le patologie infettive. Durante il Rinascimento si iniziò a comprendere che le epidemie non erano un “castigo di Dio”, ma la loro diffusione dipendeva piuttosto dalla trasmissione del “morbo” da soggetti infetti ad individui sani. Nel 1423 il Senato della Repubblica di Venezia, per la prima volta al mondo, pensò di istituire un luogo di ricovero destinato all’isolamento dei malati di peste, optando per un’isola posta nella Laguna centrale di Venezia, di fronte al bacino di San Marco: dal nome dell’isola, intitolata a Santa Maria di Nazareth, derivò il termine di “Nazaretum”, e poi “Lazaretum”. Nel 1468 venne quindi deciso di istituirne un altro su un’isola vicina, che avrebbe ospitato i soggetti sospetti e quelli guariti dalla peste. Fu proprio in queste strutture che si articolò la politica della prevenzione – basata sull’utilizzo metodico delle quarantene che variavano dai 7 ai 40 giorni – quando, due secoli dopo, comparve la peste bubbonica descritta ne “I Promessi Sposi”. La comunicazione di massa per invitare ad accettare l’emarginazione temporanea nei lazzaretti fu affidata alla promozione del culto di San Rocco, invocato sin dal Medioevo come protettore dal flagello della peste (4).

La pandemia di COVID-19 ci ha – brutalmente – portato a vivere le emozioni di diffidenza, paura e angoscia magistralmente descritte da Alessandro Manzoni. Con il DPCM n. 6 del 23 febbraio 2020 vengono disposte misure urgenti per 11 comuni del Nord Italia, tra Lodi e Padova: quarantena per i residenti, divieto di accesso nei comuni indicati, chiusura di tutti i luoghi di cultura (scuole comprese) e degli esercizi commerciali, sospensione di qualsiasi iniziativa che permetta l’aggregazione di persone. La morsa si fa via via più stringente, fino ad arrivare al DPCM del 9 marzo 2020 che disciplina l’attuazione di un lockdown a partire dall’11 marzo: vengono chiuse le scuole di tutta Italia (con l’avvio – in molti casi disastroso – della didattica a distanza) e i luoghi di svago (cinema, teatri, musei, discoteche, bar, palestre e piscine); vengono inoltre sospesi esami e concorsi e annullati matrimoni e funerali. Non si può uscire di casa se non con una “autocertificazione” che giustifica le uniche ragioni ammesse: fare la spesa, motivi di salute, lavoro (ma incentivando le aziende a promuovere quello da casa, lo smart working). Ricompare, per la prima volta dopo la Seconda Guerra Mondiale, il coprifuoco. Misure quarantenarie più o meno stringenti si sono alternate in Italia fino ai primi mesi del 2022; il nostro paese ha quindi cercato, gradualmente e grazie agli strumenti che la progressiva conoscenza di questa nuova patologia ha consentito di mettere in campo, di tornare alla normalità.

L’isolamento – provvedimento adottato per proteggere la vita degli uomini da killer microscopici ed insidiosi – è però diventato, paradossalmente, anche una via di potenziale morbosità e mortalità dell’animale sociale.

Una revisione sistematica di più di 60 studi ha trovato una chiara associazione tra la solitudine e problemi di salute mentale in bambini e adolescenti, in particolare con depressione ed ansia sociale. In uno studio che ha esaminato i problemi di salute mentale dopo l’isolamento forzato e la quarantena nelle pandemie precedenti, i bambini che avevano sperimentato l’isolamento forzato o la quarantena avevano livelli più alti di stress post-traumatico e una probabilità cinque volte maggiore di richiedere l’aiuto dei servizi di salute mentale, suggerendo che le misure sociali di allontanamento applicate a bambini e ragazzi in occasione della pandemia da COVID-19 avrebbero potuto causare l’incremento di problemi di salute mentale tra la popolazione giovanile (5). Studi che hanno analizzato l’impatto del COVID-19 e del lockdown sui bambini hanno evidenziato che questi mostrano più irritabilità, sonno disturbato, incubi, scarso appetito, disattenzione e problemi significativi di separazione. La chiusura per lunghi periodi di scuole e centri di attività e l’uso compulsivo di social media e giochi online, che non permettono il confronto con i coetanei, espongono bambini e adolescenti alla solitudine, quindi a maggior rischio di ansia e incertezze (6).

Secondo un report dell’Istituto Superiore di Sanità, la relazione tra invecchiamento e isolamento sociale riveste una particolare importanza per le sue implicazioni sulla salute: l’assenza di relazioni sociali o la relativa scarsità delle stesse costituisce uno dei maggiori fattori di rischio per la salute (paragonabile, se non superiore, a quello di fattori ben noti, come il fumo di sigarette, l’abuso alcolico e l’obesità). In particolare, nell’anziano l’isolamento sociale è risultato essere in relazione anche con il declino delle capacità cognitive e più in generale con un peggiore stato di salute, sia psichico che fisico e un aumento della mortalità. Inoltre, la solitudine e l’isolamento sociale sono risultati essere associati a un più frequente ricorso e a una maggiore durata delle ospedalizzazioni, nonché a una miriade di altre conseguenze sulla salute, incluse la malnutrizione, l’abuso alcolico o il rischio di caduta (7). La pandemia ha accentuato la condizione di fragilità degli anziani, e ciò è stato particolarmente evidente nelle RSA: gli ospiti di queste strutture, privati durante i lockdown delle loro attività routinarie ma, ancora di più, delle visite dei familiari che consentivano loro di affacciarsi – almeno per poco tempo – alla finestra del mondo, si sono ritrovati disorientati, davvero soli, come dei veri e propri detenuti in cella di isolamento. E spesso hanno pagato la “colpa” di essere ancora vivi con un progressivo peggioramento delle loro condizioni fino, in molti casi, a raggiungere la fine dell’esistenza. Isolati, allontanati dagli affetti più cari, il più delle volte a causa della gestione burocratica di queste strutture. Leggere al riguardo il racconto di Dino Buzzati “Sette piani”, ricordato dallo psichiatra Andrea Ballerini in occasione del Congresso Regionale AIP Toscana sulle cure in psicogeriatria (Firenze, 18 novembre 2022). Il racconto narra di un ospedale, di sette piani, che ha la strana caratteristica di distribuire i malati piano per piano a seconda della gravità e all’interno del quale il paziente non ha scampo, vittima di un sistema enigmatico e impenetrabile. (8).

L’Autrice: Letizia Fattorini, medico in formazione specialistica in Igiene e Medicina Preventiva, Università di Firenze

Bibliografia

  1. Brioschi, C.Paterniti Martello. L’isolamento penitenziario: norme, effetti sui detenuti, monitoraggio. Disponibile su: https://www.antigone.it/upload2/uploads/docs/Antigone_Manuale_sul_monitoraggio_isolamento_penitenziario.pdf
  2. Associazione ANTIGONE Onlus. Suicidi. Persone, vite, storie. Non solo Numeri. Dossier sui suicidi in carcere nel 2022. Disponibile su: https://www.antigone.it/upload/Dossier_suicidi_carcere_2022.pdf
  3. Associazione ANTIGONE Onlus. Ecco perché l’isolamento fa male. Disponibile su: https://www.antigone.it/upload2/uploads/docs/isolamentofamale.pdf
  4. https://www.quotidianosanita.it/studi-e-analisi/articolo.php?articolo_id=107411
  5. E. Loades et al. Rapid Systematic Review: The Impact of Social Isolation and Loneliness on the Mental Health of Children and Adolescents in the Context of COVID-19. J Am Acad Child Adolesc Psychiatry 2020;59(11):1218–1239
  6. Shweta Singh et al. Impact of COVID-19 and lockdown on mental health of children and adolescents: a narrative review with recommendations. Psychiatry Res. 2020 Nov; 293: 113429
  7. Perra, B. Contoli. La salute mentale e l’isolamento sociale delle persone oltre i 64 anni di età. Disponibile su: https://www.epicentro.iss.it/mentale/GM2012_Pda
  8. Scritto nel 1939, il racconto Sette piani di Buzzati è senza dubbio tra le narrazioni più emblematiche della poetica dello scrittore bellunese. Successivamente il testo confluì nella raccolta Sessanta racconti, che nel 1958 valse all’autore il Premio Strega, e poi ne La boutique del mistero  (D. Buzzati, La boutique del mistero, Oscar Mondadori, Milano, 2020) Sette-piani

fonte: Salute InternazionaleSOS Sanità

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