Restrizioni alla libertà, le “strane” regole per le strutture psichiatriche in Piemonte. La lettera di UNASAM

Lettera aperta di Unasam:

 

 

All’Assessore Regionale alla Sanità Regione Piemonte – dottor Luigi Genesio Icardi

Al Presidente della Regione Piemonte – dottor Alberto Cirio

Oggetto: Contratto ASL/Strutture residenziali psichiatriche accreditate della Regione Piemonte

In riferimento alla Determinazione Dirigenziale 1040/A1414D/2022 del 14 giugno 2022, e allo schema di contratto da stipulare tra le parti, la scrivente Organizzazione esprime preoccupazione per i contenuti di alcuni punti di seguito indicati contenuti nell’articolo 2 “Obblighi della struttura”:

1) obbligo “senza ritardo e con contestuale comunicazione all’autorità di pubblica sicurezza, ai familiari e/o al rappresentante legale, l’allontanamento non concordato dell’utente”. Le persone che accettano di effettuare un percorso in una comunità terapeutica (se non sono sottoposti a specifico provvedimento giudiziario per il quale vi potrebbe essere obbligo a comunicare eventuale allontanamento dalla struttura) sono persone libere di stare o di lasciare la comunità, per cui se si dovesse verificare un allontanamento seppure temporaneo (come accade sovente nelle Comunità Terapeutiche in particolare nel primo periodo di inserimento), mentre è doveroso informare il CSM di riferimento e i familiari non trova alcuna giustificazione informarne l’autorità giudiziaria non trattandosi di questione di pubblica sicurezza ma di rapporto esclusivo col servizio inviante e la comunità accogliente. Anzi, tale azione, si ravvisa quale limitazione della libertà personale e inficerebbe il rapporto di fiducia che si va costruendo con gli operatori della Comunità. Differente sarebbe (ma varrebbe per qualunque cittadino) se la persona non facesse ritorno senza dare notizia di se e si trovasse in precarie condizioni di salute. La raccomandazione è semmai quella di impegnarsi nella ricerca della persona (da parte del personale sanitario della Comunità o del CSM). Inoltre questo “obbligo” è in contrasto con un altro punto specifico dell’art.2 laddove si raccomanda di “rispettare i diritti e la dignità di ogni utente in relazione alla riservatezza personale, alla libertà di movimento…”

2) l’altro punto riguarda l’obbligo di stipula di polizza di “responsabilità civile” per “i danni causati da utenti ad altri ospiti, agli operatori, a terzi, alle cose”. Anche rispetto a questo punto, si considerano le persone accolte in Comunità
Terapeutica potenzialmente pericolose per danni a persone e cose, ed è discriminante, stigmatizzante e inaccettabile. La polizza di responsabilità civile dovrebbe riguardare esclusivamente i danni che i gestori della Comunità possono causare a terzi.

Per quanto sopra, chiediamo che su questi due punti gli estensori della Determinazione Dirigenziale e del Contratto da sottoporre alle Comunità Terapeutiche vogliano apportare le necessarie correzioni.

In attesa di rassicurazioni e cortese riscontro, si porgono cordiali saluti.

Maria Antonella Barbagallo – p. UNASAM Piemonte,

Gisella Trincas – Presidente UNASAM nazionale

la lettera UNASAM

Sullo stesso argomenti vedi: Piemonte residenzialità: dov’è finita la legge 180? di Enrico Di Croce

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